articolo di Roberto Levantaci
L’abbraccio tra lui e Mancini è un ricordo indelebile, uno di quelli che ti piega in due, che ti fa stare male. Le lacrime sincere, a prescindere dalle telecamere. Un po’ di gioia, un po’ di dolore. L’Italia si era appena laureata campione d’Europa. I due ex gemelli del gol, entrambi uniti sulla panchina della Nazionale. Temevano entrambi ciò che, prima o poi, sarebbe successo. Gianluca Vialli ha perso la sua lunga lotta contro la malattia. Il tumore al pancreas ha avuto la meglio. Il campione si è spento all’età di cinquantotto anni. È la cronaca di una morte annunciata. Lo si è capito quando i suoi familiari sono partiti per Londra, dove era ricoverato, per l’ultimo saluto. Comincia male l’anno per il mondo del calcio, dopo la scomparsa di Mihajlovic e Pelé di qualche giorno fa. Gianluca Vialli è stato un campione, ma soprattutto una persona perbene. Il sempreverde, quello simpatico. Quello che ti conquistava con un sorriso, e non solo per i suoi gol. Da Cremona a Genova, da Torino a Londra. Hanno imparato a conoscerlo. Non solo loro, tutto il mondo del calcio. Con Boskov e suo fratello Mancini ha fatto di tutto, portando sul tetto d’Italia i blucerchiati. Poi la Juve, infine il Chelsea. Da giocatore prima, da allenatore poi. Non si è mai piegato alla malattia, il suo sorriso ce lo ricordiamo ancora, fino alla fine dei suoi giorni. I suoi evidenti problemi al pancreas nascosti sotto un maglione extralarge, lui che aveva sempre avuto il fisico di chi si può permettere qualunque outfit. Lo faceva per non sembrare troppo magro. “Spero di vivere abbastanza a lungo per portare le mie due figlie all’altare”, aveva detto qualche tempo fa il fuoriclasse gentile. Non ce l’ha fatta. Ci penserà sua moglie Cathryn. Mancini, il CT della Nazionale, perde il compagno di una vita, un amico di tante avventure, suo fratello. Riposa in pace, bomber dal cuore d’oro.
